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aggiornato: 24-06-2018           wildcat.zirkular.thekla.materiali.italiano

L'opposizione sociale ai tempi del Governo Carioca

E' evidente che termini come destra e sinistra hanno rispetto a ciò che ci interessa un significato assolutamente vago, visto che indicano entrambi costellazioni di posizioni politiche e di interessi assolutamente disomogenei, basta pensare al fatto che la destra può essere nazionalista o liberista e altrettanto si può dire della sinistra.

Cosciente che questa scelta non gode di ampi consensi, ritengo che valga la pena di parlare di una precisa corrente politica e cioè del fascismo.

Ritengo, per evitare equivoci, che non si possa appiattire la categoria “fascismo” sullo squadrismo o sul golpismo o fare del fascismo un semplice movimento reattivo anticomunista, il fascismo, esattamente come il liberalismo o la socialdemocrazia, è una dottrina politica che evolve nel tempo, si modifica rispetto ai contesti nazionali e locali ma ha alcuni precisi tratti distintivi che si possono agevolmente schematizzare: il disprezzo, per la verità non immotivato, nei confronti della democrazia parlamentare e del multipartitismo1 l'ostilità nei confronti delle élite in particolare quelle finanziarie e tecnocratiche tanto più se non nazionali, il nazionalismo esplicito e la xenofobia, che può transcrescere in un esplicito razzismo2, l'individuazione di una comunità interclassista e protetta dallo Stato come difesa dagli effetti devastanti dell'economia di mercato, ad onta del radicalismo del discorso il rispetto dell'assetto proprietario e della macchina statale, l'idea di una relazione diretta fra leadership e massa.

Per ragioni sin evidenti il vero fascismo del terzo millennio può affermarsi meglio se deiconizzato e cioè se non si presenta come erede lineare dei fascismi storici anche se è interessante notare che un discreto numero dei suoi esponenti si è formato proprio negli ambienti esplicitamente neofascisti di varia natura.

Come ritengo sia evidente tutte queste caratteristiche si ritrovano, nel caso italiano, nella Lega che, a differenza di Fratelli d'Italia, e ancor più di gruppi come Forza Nuova e Casa Pound, nel suo discorso pubblico, se si escludono alcuni incidenti di percorso ad opera di suoi esponenti, non fa riferimento al fascismo storico.

E' bene ricordare che l'affermarsi di una destra radicale in Italia è tutto tranne che un fenomeno esclusivamente nazionale, e che si colloca all'interno di una deriva europea e non solo, che vede l'affermazione del Front National in Francia, di una serie di partiti analoghi in Germania, Ungheria, Austria, Polonia, per non parlare ovviamente della casa madre e cioè della Russia.

Questa deriva generale, sempre per grandissime linee, può essere spiegata come effetto di due fattori generali:

  1. l'affermarsi di un capitalismo sempre meno legato a una dimensione nazionale, straordinariamente distruttivo, tale da rendere plausibile la grande narrazione fascista sull'esistenza di un potere mondiale occulto del capitale finanziario;
  2. l'assoluta impotenza della sinistra politica e sindacale ad opporsi al dominio totale del capitale, che comporta fra l'altro il suo porsi come mera forza ausiliaria dello stesso capitale che si propone, al massimo, una sua civilizzazione.

E' in questo vuoto di prospettive e in questa incapacità di proposta che i movimenti di tipo fascista hanno la possibilità di affermarsi, ma una possibilità non spiega il fenomeno.

In realtà non va sottovalutato il fatto che il materiale psichico su cui si fonda la proposta di comunità è già presente nel senso comune e nella cultura delle classi subalterne3, si tratta solo di rimodellarlo e di indirizzarlo in maniera efficace ed è evidente che assumere come bersaglio gli zingari piuttosto che gli immigranti è decisamente più facile e credibile che proporre l'espropriazione degli espropriatori.

Alcune peculiarità italiane

Senza sopravvalutare l'originalità del capitalismo italiano è innegabile che nel corso dei decenni si è sviluppata in Italia una vera e propria borghesia e piccola borghesia di Stato, particolarmente corrotta e costosa e che quindi la polemica contro la cosiddetta “casta”, contro la sua incapacità e contro i suoi privilegi, oltre ad avere un fondamento ha conquistato tanto più consenso quanto più le condizioni materiali di vita dei lavoratori degradavano e quanto più il ceto politico, senza alcuna differenza fra “destra” e “sinistra” si rifiutava di mettere in atto la benché minima nella direzione di una riduzione dei suoi privilegi .

Senza dilungarsi troppo basta pensare a una regione come il Veneto, ma anche alla provincia Lombarda, più in generale il profondo Nord, dove predomina la piccola impresa a gestione familiare, dove l'imprenditore e il salariato lavorano assieme, per comprendere come nel senso comune ciò che è iniziato ad apparire intollerabile sono i privilegi della casta e non i guadagni dell'imprenditore stesso.

Tuttavia nella prima fase, quella che va dagli anni 90 ai primi anni 2000 l'espressione politica di questo scontento, la Lega Nord, è resa paradossalmente impotente proprio da quella che parrebbe la sua forza e cioè l'essere partito/sindacato del Nord, cosa che la inchioda comunque a un ruolo di forza parlamentare minore portatrice di un programma massimo irrealistico, la secessione, ed un programma minimo, la radicale riduzione della pressione fiscale e la conseguente distruzione del welfare, altrettanto irrealistico.

Una crisi interna della Lega derivante dalla scoperta del tasso di corruzione del suo gruppo dirigente, che sembra destinarla alla fine, sarà in realtà una vera e propria via d'uscita con la liquidazione del vecchio gruppo dirigente e l'affermarsi di un nuovo gruppo dirigente che con assoluta spregiudicatezza individua nel Front National francese e in Russia Unita i modelli di riferimento, con il conseguente abbandono del federalismo e del secessionismo a favore di una posizione nazionalista.

Questa deriva della Lega, che si intreccia con il riformarsi di un piccolo ma non irrilevante partito neofascista come Fratelli d'Italia, procede in parallelo all'esplosione del M5S in prima battuta come rivolta anticasta.

Sarebbe a mio avviso un errore vedere nel M5S un movimento assimilabile al fascismo, cosa che invece è più che legittima per quanto riguarda la Lega, ma è assolutamente evidente che, in occasione delle elezioni del 2013, quando ancora la Lega è piccola cosa dal punto di vista elettorale, una quota rilevantissima di elettori di destra o disponibile a spostarsi a destra vota il Movimento 5 Stelle e che un certo numero di esponenti locali sia costituito da fascisti in libera uscita.

Non di meno la narrazione 5 Stelle in quanto tale è una narrazione caratterizzata dal radicalismo democratico e l'unico, anche se non irrilevante, punto di contatto e di sovrapposizione in quel momento con la destra è lo spostamento dell'attenzione dalla contraddizione classe/capitale alla contraddizione popolo/casta.

Con le elezioni del 2013 il M5S da scheggia impazzita diventa una forza politica importante, sviluppa una sua classe politica, e si pone il problema del potere e in quel momento i dirigenti del M5S si rendono conto che le aree di sovrapposizione con la destra crescono, in particolare su due questioni: la politica sull'immigrazione e la gestione dell'ordine pubblico; e rapidamente sposerà posizioni simili, se non perfettamente uguali, a quelle della Lega su questi temi.

In realtà se vi si pone attenzione, la cosiddetta alleanza giallo-verde è il prodotto della morte della politica se si intende per politica l'avere un programma dotato di senso ed è nel contempo la sconfitta dell'ipotesi di alcuni settori dell'intellighenzia non conformista4 di fare del M5S una nuova socialdemocrazia, infatti si tratta di un'alleanza che nasce banalmente dal fatto che è l'unica alleanza parlamentare possibile, che i due soggetti che stipulano l'accordo si vogliono entrambi “antisistema”5, che hanno prodotto un programma monstre sommando i due programmi: per cui promettono in particolare un robusto incremento del welfare e un altrettanto robusta riduzione delle tasse, ma non mi interessa in questa sede una disamina di un programma o, se si vuole utilizzare il termine che hanno usato gli estensori, di un “contratto” che è palesemente un libro dei sogni.

E' però evidente che l'unica parte di questo programma che è effettivamente, almeno in parte, realizzabile senza eccessive difficoltà è proprio quella che riguarda il contrasto all'immigrazione, la difesa sino all'omicidio della proprietà privata, il sostegno senza se e senza ma alle forze di polizia.

Al contrario, un semplice valutazione dei costi, rende evidente che le promesse di sviluppare il welfare sono difficilmente realizzabili, a maggior ragione se si esclude di colpire gli interessi delle classi dominanti. Alcune concessioni sono immaginabili, qualche taglio ai privilegi pure ma poca cosa rispetto alle promesse ed alle aspettative autorizzate dalla propaganda elettorale.

Per, provvisoriamente, concludere, il fatto per ora più interessante, almeno per la mia esperienza, nel comportamento dell'universo M5S è una sorta di volontario autoaccecamento di fronte ai caratteri del proprio alleato, che in realtà è assolutamente esplicito nella dichiarazione delle proprie intenzioni.

Sarà interessante quando si passerà dalle chiacchiere ai fatti, verificare la tenuta o la crisi del M5S.

Già oggi vi sono segnali di tensione, ad esempio a Torino, uno dei due primi grandi comuni con Roma conquistati dal M5S, dove parte dell'area che ha sostenuto lo stesso M5S si oppone alla scelta di questo partito di porsi in maniera disponibile verso l'ipotesi di fare a Torino le prossime Olimpiadi invernali rovesciando la tradizionale posizione contro le grandi opere costose e nocive.

D'altro canto, una cosa è una ristretta area militante proveniente da movimenti come quello NO TAV, altro la massa degli elettori che, almeno al momento, sembra assolutamente impermeabile alle contraddizioni che già ora emergono nella politica del M5S.

Una strategia di opposizione possibile

Laddove si voglia svolgere un'azione in qualche misura efficace, è evidente che non basta -posto che serva- la denuncia dei caratteri fascisti del nuovo regime, non fa danno ma serve a poco.

Fra l'altro è l'argomento preferito del PD e della sinistra liberale cosa che lo rende, se possibile, ancora più debole.

Si tratta, al contrario, di lavorare sulle loro promesse, sulla loro incapacità di mantenerle, incalzandoli, e in questo modo, nel caso, mettendoli in difficoltà.

Cosimo Scarinzi

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Note:

[1] che peraltro può agevolmente utilizzare laddove lo ritenga opportuno o vi sia costretto

[2] che però non è strettamente necessario

[3] E negli stessi programmi delle forze politiche liberali, socialiste e comuniste che fanno propri singoli ma rilevanti punti del programma fascista sia per quel che riguarda, in particolare, il nazionalismo che la xenofobia al fine di mantenere o acquisire consensi

[4] In particolare Marco Travaglio Peter Gomez ed altri del giornale “Il Fatto Quotidiano” e il sociologo Domenico De Masi

[5] Cosa che è particolarmente ridicola per quel che riguarda la Lega che ha fatto parte di diversi governi nazionali e che, nell'alleanza di centrodestra, e al governo da anni in Lombardia e Veneto ed in in una massa rilevante di comuni.

 
 
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